RESOCONTO DELLA 3° TAPPA

24 maggio 2008

Sesto Calende - Castano Primo

Gli amici che venivano in treno da Milano per raggiungerci a Sesto Calende si saranno alzati per primi intorno alle cinque di mattina e saranno stati i primi ad alzare gli occhi verso il cielo per avere una risposta alle nostre paure.
E il cielo già di prima mattina era grigio e non prometteva assolutamente nulla di buono.
Ma non c'era nulla da fare, l'organizzazione era in marcia e non era neppure lontanamente pensabile spostare la partenza o anche solo alcune tappe intermedie del nostro viaggio in barca.
E così piano piano, quasi miracolosamente tenendo conto che molti venivano da Milano, che alcuni avevano dormito in campeggio, altri in un albergo vicino, altri ancora alla tenuta Tovaglieri ed altri sparsi in paesi intorno a Sesto Calende a casa di amici, ci siamo ritrovati tutti al camping “Il Gabbiano” dove le nostre barche ci attendevano.
Era il primo giorno in cui gli equipaggi erano quasi al completo, i ragazzi del Cobianchi che avevano riempito i vuoti del venerdì, giornata lavorativa e quindi non libera per diversi di noi, con la loro esuberante giovialità oggi non c'erano e i posti sono stati sono ridistribuiti cercando di ripartire le forze in modo equilibrato.
Si è subito scoperto che quasi nessuno aveva voglia di salire sulle tre jolette, mentre tutti fremevano d'impazienza per saltare sulle grandi barche vichinghe, evidentemente e chiaramente molto più leggere da condurre, dato il grande numero dei vogatori su ciascuna di loro, e anche molto divertenti in quanto durante le lunghe ore di vogata tutti fanno a gara a raccontare barzellette e spiritosaggini di ogni genere.
Il livello di esperienza medio nello sport del canottaggio si è rivelato durante il viaggio sicuramente molto basso, in quanto credo che non più di un quarto dei partecipanti avesse effettivamente un'esperienza di peso maturata magari da piccolo sulle barche; non parliamo poi di esperienza di canottaggio agonistico che probabilmente vedeva schierati solo alcuni membri dell'equipaggio Gavirate con la loro bella jole a quattro vogatori.
Sistemati gli equipaggi non senza una certa difficoltà e forzando alcuni degli amici a salire su una joletta, per prima cosa è stato effettuato un attento giro di ricognizione da parte del canotto dei nostri amici poliziotti alla diga della Miorina per verificare se le condizioni fossero rimaste le stesse della sera prima e se fosse possibile pensare di superare la diga senza problemi.
Dalla ricognizione il canotto torna con ottime notizie ovvero che le paratoie della diga sono sommerse interamente, che dopo la diga basta tenersi sul lato destro del fiume per evitare i salici che spuntano dall'acqua e nascono su quella che in condizioni di livello normale é un'isola con i residui di un’antica peschiera.Avevo già sentito parlare di questa peschiera l'anno scorso quando ero arrivato alla Miorina e da allora mi ero informato di più scoprendo con stupore che lungo tutti i fiumi, quindi nel nostro caso il Ticino e il Toce erano frequenti le peschiere, ovvero pezzi di fiume, magari rami laterali, separati da intrecci di rami di salice a formare delle vasche isolate ma con acqua naturale in continuo ricambio. Queste peschiere hanno avuto un'importanza grandissima e una capacità produttiva estremamente rilevante nei secoli passati, durante i quali il commercio ittico dai laghi verso le città aveva una notevole importanza economica; in particolare la peschiera della Miorina mi era stato detto essere originariamente una peschiera di pesci persici, pesci che io non avevo mai neppure lontanamente supposto si potesse pensare di allevare.
Ma torniamo alla nostra vogata.
Dietro al canotto partono le barche e, malgrado il perentorio invito a partire tutti insieme senza distaccarsi, immediatamente succede l'opposto, ovvero le prime barche si staccano e affrontando la corrente vanno verso la diga, alcune passano addirittura dalla parte sbagliata dell'isola, ma per fortuna non succede assolutamente nulla, e infine scompaiono alla vista.
Per ultimo salto anch'io sulla mia joletta insieme con Diego Novella e Daniela, squadra ormai affiatata e che rimarrà a vogare insieme fino alla darsena di Milano, e ci avviciniamo, non senza una certa tensione da parte mia, alla diga.
Effettivamente nel momento in cui passiamo sopra alle paratoie non riesco neanche a vederle, ovvero sono affondate di almeno 1 m o di più rispetto alla superficie e tutto ciò mi fa amaramente sorridere quando penso al fax ricevuto tre giorni prima nel quale asciuttamente il Consorzio del Ticino mi annunciava l'impossibilità a concedermi l'uso della conca, il che in realtà è sicuramente giusto perché la conca di fatto è completamente inagibile e risulta quasi sommersa dall'acqua del fiume, però forse il fax avrebbe potuto avvertirci con realismo e con un minimo di collaborazione che non c'era nessun problema a passare la diga navigando senza difficoltà al di sopra di essa!
Ma questo fa parte di una lunga storia, che continuo a toccare con mano, ovvero delle difficoltà burocratiche, delle complicazioni e della mancanza di piacere a collaborare da parte di molte istituzioni: io però sono ottimista e penso che col tempo cose migliori potranno realizzarsi a condizione che tutti noi, utenti compresi, continuiamo ad insistere per chiedere ed ottenere delle ragionevoli condizioni di relazione con gli organi preposti.
È così avanziamo per la prima volta in un tronco di Ticino che non abbiamo mai toccato: bellissimo, ampio, con corrente lenta data la vasta sezione, con cigni e papere sparsi e svassi che pescano sospettosi tuffandosi al nostro passaggio per nascondersi alla nostra vista.
Saranno meno di 5 km ma sono sicuramente fra i più belli di questo nostro grande fiume e i più sicuri perché credo che non possa esserci mai alcun problema su questo tratto, che potrebbe facilmente diventare un tragitto per l'istruzione dei ragazzi all'uso delle barche e delle canoe per avvicinarli a questo mondo dell'acqua che in fondo troppo pochi riescono ad amare veramente.
Novella e io invece quest'autunno o più probabilmente l'anno prossimo partiremo a nuoto da Sesto Calende e a nuoto scenderemo il primo tratto del fiume, passeremo questo tratto che stiamo percorrendo in questo momento in barca e poi dobbiamo decidere se fare la discesa lungo il Ticino oppure se scendere lungo il Villoresi fino ad Abbiategrasso o forse, condizione dell'acqua permettendo, fino a Gaggiano.
Sicuramente non è una cosa pericolosa però probabilmente è stata fatta pochissime volte o forse mai.
Intanto vogando arriviamo al termine di questo primo tratto bellissimo e di fronte a noi si estende la diga di Porto Torre per la quale è già stato predisposto il finanziamento da parte della Regione Piemonte per la realizzazione della conca di navigazione: se questa dovesse essere realizzata entro il prossimo quinquennio, tenendo conto che le due dighe di Panperduto sono già esistenti e solo da risistemare e così anche la successiva conca di Vizzola, e se tutto ciò fosse realizzabile in tempi non così lontani, effettivamente cominceremmo ad avere un significativo tratto navigabile senza interruzioni e senza necessità di ricorrere ai carrelli.
Mi sembra importante far notare la grande differenza fra avere a disposizione uno scivolo per carrelli o avere bisogno di un'autogrù, perché uno scivolo in cemento è un'attrezzatura che costa pochissimo e come manutenzione sostanzialmente nulla, disponibile a tutte le ore del giorno a chiunque e di facilissimo uso mentre un'autogrù o un camion con sufficiente sbraccio e capacità di sollevamento richiedono o un'organizzazione significativa o un costo non indifferente per ogni intervento.
Sarebbe quindi venuto il momento che si cominciasse a ragionare sulla realizzazione di questi banalissimi scivoli; già all'uscita di Porto Torre dobbiamo far uscire dall'acqua le barche mediante uno scivolo assolutamente improprio, ovvero dalla sponda del prato che funziona oggi molto bene perché il livello dell'acqua è alto mentre, in condizioni di acqua bassa, potremmo essere già in grave difficoltà.
Comunque allo sbarramento ci attendono i tecnici dell'Enel, in testa ai quali incontro finalmente il dirigente Ingegner Piatti che mi ha sin dall'anno scorso sempre aiutato con simpatia, divertendosi molto a guardare da una certa distanza queste mie avventure, alle quali in realtà avrebbe potuto anche partecipare di persona essendo a quanto pare un ottimo canoista.
Sistemate le barche sui carrelli ci mettiamo in moto ed arriviamo al famoso Incile che molti di noi non hanno mai visto e che desta, insieme allo sbarramento principale del Villoresi poco più a monte, una grandissima ammirazione e nostalgia per queste due opere di archeologia industriale così belle e piene di fascino.L'Enel quest'anno ci ha messo a disposizione un'autogrù significativamente robusta e potente e quindi l'operazione di alaggio delle barche riesce immediatamente ma contemporaneamente nel momento più difficile comincia a cadere una pioggia intensa che, sfortunatamente, non ci lascerà mai fino a quando avremo terminato la nostra navigazione odierna.
La corrente e il moto ondoso all'interno dell’Incile a valle della diga fanno sicuramente emozionare chi non ha già vissuto la stessa avventura lo scorso anno in acqua nello stesso punto, e infatti l'operazione di varo, anche se semplice tecnicamente, in realtà diventa poi abbastanza complessa perché lo spazio fisico lungo il quale disporre le barche per poi far entrare gli equipaggi è molto ristretto, le sponde del canale sono irte, ripide e realizzate con un cemento grossolano estremamente ruvido e dannoso per le fiancate delle barche.
E così tutta l'avventura del calare le barche in acqua e gli equipaggi a bordo con la fortissima corrente diventa un'avventura durante la quale si vede chiaramente che il coordinamento all'interno dei singoli equipaggi e fra le diverse barche non è sicuramente perfetto, d'altra parte non siamo certamente degli incursori di marina ma solamente degli sportivi affascinati da questa avventura e del tutto privi di esperienza di tale genere di operazioni!
Alla fine si riesce a terminare l'operazione di varo e le barche intricate in maniera infelice l'una con l'altra con gli scalmi agganciati in maniera infelice riescono a districarsi e ad avviarsi nella corrente una per una lungo il canale Villoresi.
Qualcuno l’ha già visto l'anno scorso e allora c'era anche il sole, qualcuno lo vede per la prima volta e si inoltra lungo questo serpente di acqua sinuoso che attraversa la foresta che ogni tanto cerca di aggredirlo con alberi caduti di traverso nella corrente, con rampicanti da tutte le parti e anche fiori bellissimi rosa, gigli selvatici gialli e iris blu intenso in un turgore di vegetazione che scoppia da ogni parte e che aspetta solo i primi caldi di quest'estate per diventare veramente una foresta tropicale.
Le due barche vichinghe sembrano immense in questo canale che in fondo è stretto e infatti le barche sono state calate con la punta girata nel senso della corrente per evitare di doverle far ruotare il che sarebbe stato probabilmente un esperimento non facile da realizzare, anche perché, lo abbiamo già confessato, gli equipaggi complessivamente sono veramente poco esperti dell'arte del maneggiare i remi.Intanto continua a piovere e gli abbigliamenti sono variegati: c'è chi ha la muta da subacqueo, c'è chi ha la tuta da motocicletta, c'è chi ha abbigliamenti da sci, cappello e berretto, chi invece si è infilato un sacco della spazzatura facendo i fori per la testa e le due braccia, c'è chi si è messo di tutto e anche i bagagli sono stati stipati a bordo inseriti in sacchetti della spazzatura gialli, il che fa sembrare le barche più delle chiatte naviganti del servizio allontanamento rifiuti che non delle eleganti barche sportive.
Il programma prevedeva a questo punto che a Tornavento, l'unico paese che viene lambito alla sua base dal Villoresi, si sarebbe dovuto ormeggiare per recarci al bar nella piazza sopra al Villoresi dove mangiare un po' di affettati, formaggi e pane condito da buon vino.
In realtà bagnati come siamo, infreddoliti e tremanti non ci lasciamo assolutamente affascinare dall'idea di un bel piatto al bar e così le barche sfilano passando davanti alla piccolissima “darsena”, perché così hanno il coraggio di chiamarle i tecnici del Villoresi, mentre in realtà sono solamente delle nicchie nelle pareti inclinate del canale lunghe al massimo 10 m e grazie alle quali noi avremmo dovuto fermarci con le nostre nove barche creando una catena legando una con l'altra, esperimento che fortunatamente abbiamo evitato.
Per la prossima volta però quest'emozione la prepareremo e la realizzeremo perché il paese sopra è bellissimo con questa piazza di acciottolato a picco sul canale.
Castano Primo non è lontana ormai e infine arriviamo con un largo anticipo perché date le condizioni del tempo e l'annullamento della fermata a Tornavento siamo arrivati prestissimo.
In quattro e quattr'otto tiriamo fuori le barche dalla rampa nella località chiamata Darsena per darle un tono pomposo mentre in realtà si tratta solamente di quattro edifici abbandonati che un tempo probabilmente raccoglievano il materiale di manutenzione del consorzio Villoresi e ci prepariamo ad arrivare fino al nostro albergo: siamo 50 persone, abbiamo pochissime macchine e nessuno ci sta aspettando così presto.
Così molti di noi si tuffano in un bar vicino, il cui titolare dichiarerà di non aver mai fatto un fatturato del genere in tutta la sua carriera, e cerchiamo in qualche modo di arrivare all'albergo dove tutti siamo alloggiati per la notte.
Alla fine ci riusciamo con una serie di successivi trasbordi di macchina in macchina dopo aver temuto di esserci persi e dopo non aver più trovato alcune persone per un certo numero di ore. Ma tutto è bene quello che finisce bene e così in albergo finalmente arriviamo tutti e l'edificio risuona del rumore degli asciugacapelli con i quali ciascuno cerca di asciugare qualche cosa, non fosse che il pigiama per la notte successiva.
Ma l'organizzazione è inesorabile e non si ferma: siamo attesi dal comune di Castano Primo per una bicchierata nell'auditorium comunale e così in fretta e furia tutti saltano su un pullman a noleggio che gentilmente ha mantenuto la promessa di essere a nostra disposizione. Arriviamo all'auditorium dove l'Assessore Griffanti ci riceve e dove veniamo rifocillati con grande piacere.
E’ una struttura molto carina nella quale molti ragazzi stanno facendo le prove per uno spettacolo musicale. Un edificio molto grazioso e di progettazione interessante che viene commentato con piacere dall'architetto Cesare Serrato, a sua volta esperto nel campo della progettazione di locali per spettacoli pubblici.
Infine dall’auditorium lo stesso pullman ci porta verso la meta agognata della giornata, ovvero lo “Chalet la Solitaria” dove Roberto Cogliati ci aspetta per una ricchissima infornata di paella.
A quel punto l’imbarazzo è che continuavamo a diventare sempre più numerosi, e quando finalmente abbiamo trovato posto per sedere per tutti eravamo in più di 60!
Ma non importa! Robertino, uomo di grande spirito e grande fisico!, ha continuato a sfornare piatti di affettati e paella fino a quando tutti si sono dichiarati sazi e poi è cominciata una serata di karaoke che è durata per un sacco di tempo vedendo sicuramente primeggiare per potenza di voce i ragazzi di Ornavasso.
Serate così belle, così piene di felicità e di vita non sono così frequenti e quindi siamo doppiamente contenti che la VIACOLMARMO! oltre ad essere stata ancora una grande avventura sportiva è stata anche l'occasione di amicizia e affetto.
Non voglio parlare della dieta antirigorosa seguita dai nostri ragazzi della polizia di Stato, che si dimostrano in ognuna di queste occasioni le migliori forchette, ma tutti si sono distinti per una capacità di caricarsi di calorie in vista del giorno successivo, che in effetti prevedeva una vogata non indifferente.
Dopo la lauta cena in quella simpatica trattoria sperduta fra i canali tutti si sono salutati sperando che ciascuno riuscisse a ritrovare la strada per ritornare a casa, nell'albergo o da chi lo ospitava.
Un'altra giornata è dietro le spalle in un viaggio dai contorni sorprendenti; qualcuno lo definisce una gita scolastica, somigliante anche a un campo boyscout, forse è un'avventura sportiva, sicuramente è più impegnativo di una scampagnata di amici, ma qualunque cosa sia domani finirà a Milano con la banda e ancora altre occasioni di colazione e rinfresco.
A domani e che il cielo ce la mandi buona!

Nessun commento: