RESOCONTO DELLA 4° TAPPA

25 maggio 2008
Turbigo - Milano



Domenica la colazione inizia al mattino presto, alle sette perchè la giornata si preannuncia lunga. Il cielo è ragionevolmente sgombro di nuvole, è grigio ma non piove e verso est si vede anche un'occhiata di luce che potrebbe essere un riflesso di sole.

Ma nessuno ha il coraggio di illudersi, dopo la sciacquata di ieri che ci ha reso molto pessimisti per il futuro. Da dentro i bagagli umidi ciascuno ha tirato fuori le ultime risorse di vestiti e scarpe, sperando in cuore proprio di non aver bisogno di ulteriori ricambi.

L'aria è fresca ma ormai, essendo fine maggio, non fa freddo.

Alcune barche sono già state portate in riva al Naviglio la sera prima, altre partono insieme a noi in una carovana di vetture che si recano al ponte della Padregnana dove è programmato il varo.

E come l'anno scorso là in riva al canale ci aspetta l'imboscata dei moscerini, infiniti e invadenti, che entrano nel naso, negli occhi, in bocca, nelle orecchie ma che per fortuna non pungono e quindi per quanto fastidiosi alla fine possono essere tollerati.

Il tempo brutto ha fortunatamente ridotto a pochi i ciclisti appassionati che stanno percorrendo le alzaie, mentre l'anno scorso erano centinaia e insistevano a passare velocissimi incuranti dei nostri segni e del pericolo delle barche che nel sollevamento con la gru sbandieravano rischiando di fare male a qualcuno di loro.

Sulla strada, con gli stabilizzatori già posizionati, ci aspetta il grande trattore del nostro oste di ieri sera Robertino, accompagnato da suo cugino e da un altro amico ancora più vigoroso di fisico, al punto che viene da pensare a che cosa serva un trattore del genere quando si hanno degli amici di siffatta stazza; fra noi peraltro possiamo anche vantare la presenza di Filippo, un gigante alto 1 m e 98 e anche di Lorenzo Mascetti, un altro che non scherza certo quanto a vigoria fisica.

Come di regola viene calato in acqua prima il canotto della polizia in modo che possa vigilare su qualunque inconveniente dovesse accadere durante il varo delle altre barche. La corrente è molto forte però, per fortuna, abbiamo molto spazio a disposizione e quindi le operazioni vengono condotte in modo sufficientemente rilassato da chi è più capace e più esperto mentre i meno smaliziati vengono utili solo per trasportare le barche dai carrelli al trattore, evitando attentamente di affidare loro delle operazioni più complesse.

Quest'oggi ci sono 12 nuovi vogatori, tutti amici dei proprietari delle due barche vichinghe, di conseguenza una delle due barche è riservata a loro, mentre per poter salire sull'altra si accende la solita discussione che termina solo quando qualcuno si accontenta di salire sulle jole.

Infine si parte, mentre il trattore attende l'arrivo dell'ultima lancia che è in ritardo in quanto ieri aveva avuto alcuni problemi al carrello Per chi non ha ancora percorso il primo pezzo di canale ogni curva riserva una nuova sorpresa: case diroccate, alcune cascine nobili perfettamente restaurate, un grandissimo barcone rimessato sotto una tettoia in riva al canale, l'emozionante scalinata di villa Clerici di Castelletto di Cuggiono e il paese di Castelletto dove si ricominciano a vedere un po' di case, un po' di persone, i pescatori, i ciclisti e i bambini che ci additano con sorpresa ai loro genitori.

Magnifica la vista del complesso religioso di Bernate, poi rapidamente arriviamo alla nostra prima stazione di sosta, Boffalora. Qui ci aspettano gli amici dell'Associazione culturale La Piarda, con in testa il presidente Tunesi, di malumore perché sofferente di una influenza mal curata che lo rende di cattivo umore al punto che non ha neanche voglia saltare in barca con noi. A riva ci aspetta il Barchett de Boffalora con il nostro ormai grande amico Giuseppe Ceriani e i due barcaioli con i loro cappellacci di cuoio ottocenteschi e i lunghi pali in mano per condurre la barca. Riusciamo ad attraccare abbastanza decentemente alla sponda, ci divoriamo patatine e aperitivi più o meno alcolici gentilmente offerti, ci rilassiamo una mezz'oretta e poi decidiamo di partire, sapendo che a Robecco sul Naviglio ci attende un arrivo molto più movimentato perché la corrente del canale è giudicata dai vecchi barcaioli molto più forte, addirittura mi dicono 20 volte di più!

Così ci stacchiamo dalla sponda non senza un po' di emozione perché il primo ponte è a pochi metri dopo il punto di distacco dalla banchina e non è così facile rimettere in velocità le barche per dare ai timoni la capacità di governare la direzione e subito dopo il ponte c'è anche immediatamente una curva molto stretta verso sinistra che va affrontata con decisione per non andare a sbattere contro la parete del canale.

Però tutti riusciamo a partire in modo più o meno brillante, con urla di incitamento scherzose e la navigazione continua verso un percorso sempre bellissimo.

Robecco sul Naviglio arriva molto più presto di quanto ci si possa immaginare, sembra di essere appena partiti, e la corrente effettivamente è molto veloce. La mia jole arriva per ultima quando ormai tutti sono attraccati a riva e dobbiamo trovare un posto dove riuscire a inserirci in mezzo alle barche per evitare di fare dei danni allo scafo: un primo lancio della cima non ha successo e riusciamo ad attraccare fortunosamente con uno scatto vigoroso di energia. Siamo arrivati in uno dei posti più belli del nostro viaggio, a villa Dugnani, una stupenda dimora in riva al canale di proprietà della nostra amica Vevè Bossi che ci accoglie sorridente e contenta di avere tanti amici intorno, per quanto bagnati e poco eleganti, nella sua deliziosa cornice di rose, cani, gatti, mobili e libri antichi. In un attimo comincia anche a piovere fitto e noi ringraziamo il cielo di essere riusciti a mettere un tetto sopra la testa. Ci aspetta una colazione molto ricca, molto buona, organizzata grazie al fiduciario Slow Food di Magenta Silvano Vignati tramite un agriturismo locale, la Cascina Bullona, gestito da Stefano Viganò. Molti dei prodotti che vengono presentati sono di produzione e marchiati Parco del Ticino, il vino è dell'Oltrepò, i formaggi sono locali e tutti come al solito si avventano famelici sul cibo.

Sono venuti a trovarci Manuela, con la mamma e papà, Adele e Norma che mi hanno aiutato nell'organizzazione di tutta l'avventura, che ha richiesto tre mesi di tempo per essere infine bruciata in quattro giorni di corsa sulle barche.

Fuori piove, nella bellissima villa si chiacchiera e ci si raccontano tante idee per il futuro, molti già ci dicono che verranno a nuotare in giugno, luglio e settembre con Roberto, Diego e me nelle tappe della LONGALAGO, vincendo la timidezza e la paura di affrontare alcuni chilometri di nuoto nell'acqua dolce.

È curioso come noi giudichiamo la lunghezza di una tappa in chilometri, mentre la maggioranza degli sportivi abituati a nuotare in piscina contano la lunghezza in numero di vasche: io, se dovessi conteggiare una tappa in questo modo, alla sola idea di fare 250 vasche sarei preso dallo spavento, mentre invece fare i corrispondenti 6 km mi sembra ormai normale anche perché in vasca morirei di noia, mentre invece nel lago continuo a distrarmi guardando pesciolini, piante acquatiche, papere e anche cercando di migliorare il mio modo di nuotare per avanzare più fluidamente.

Finalmente smette miracolosamente di piovere, mentre le notizie da Milano sono che là ancora sta scrosciando; d'altra parte non possiamo fermarci più di tanto perché ci aspettano gli appuntamenti successivi, sono concatenati uno con l'altro e rischieremmo di far saltare tutto il programma.

La partenza è piuttosto emozionante: la jole di Gavirate rompe un remo, anche altre barche partono con un po' di agitazione, d'altra parte la corrente è veramente molto forte e penso che possa essere stimata intorno ai 20 km/h. Grazie anche alla velocità sostenuta dell'acqua il percorso sembra estremamente corto; il curvone di Abbiategrasso, così temuto l'anno scorso e in realtà del tutto inoffensivo perché la corrente che porta verso il canale di Bereguardo è facilmente dominabile, arriva molto presto, ma da quel momento in poi sappiamo già però che la corrente poco per volta mollerà completamente e ci toccherà remare seriamente.

All'inizio la campagna intorno è ancora bella. Ci sono cascine bellissime, alcune diroccate altre invece in condizioni più che decorose. Siamo infastiditi dal traffico delle automobili sulla statale che fiancheggia il canale a cui non siamo più abituati e voghiamo vigorosamente perché cominciano ad arrivare le prime telefonate di coloro che già ci aspettano a Milano, fra cui anche il TG3, che come sempre pensano che possiamo accelerare il ritmo a nostro piacimento per recuperare i minuti. In realtà siamo in buon orario rispetto all'anno scorso quando continuavamo ad accumulare minuti su minuti di ritardo e infatti quest'anno ci siamo permessi anche di programmare una sosta a Gaggiano dove veniamo accolti dall'Assessore al Turismo Bianchi, il quale gentilmente ci ospita per una ultima rinfrescata prima di affrontare la parte finale della vogata fino a Milano. Gaggiano è molto carina, tutto il paese lungo il canale è in via di recupero, i colori delle case sono bellissimi, i materiali sono curati e da questo punto di vista probabilmente la cittadina è quella che più merita per l'attenzione che ha dedicato a questi aspetti.

Andiamo avanti, cominciamo a riconoscere i cartelli stradali e vediamo a che distanza siamo dall’IKEA, da Castorama e dai tanti negozi dove siamo abituati ad andare per fare acquisti e poco per volta ricominciamo a vedere anche le brutte case delle periferie delle nostre città. Trezzano e Corsico sono gli ultimi paesi che attraversiamo e poi con un paio di curve sappiamo che arriveremo a Milano: il tratto è veramente lungo, anche noioso e alcuni equipaggi dimostrano chiaramente di soffrire la fatica della lunga vogata, però nessuno molla e si fa sostituire.

Ad un certo punto da lontano dichiaro di sentire una musica ma vengo smentito dai miei compagni di barca che dichiarano che sono le campane; in effetti si sentono le campane di una chiesa ma io continuo a sentire anche una banda e dopo qualche altro centinaio di metri anche gli altri mi devono dare ragione perché ci avviciniamo verso la nostra banda degli Alpini che suona per le due barche vichinghe che ci hanno sopravanzato e la jole di Gavirate che, filando via come un treno, è già ben lontana davanti a noi.

Davanti al pontile della canottieri Milano ecco la banda tutta schierata che suona per l’arrivo di ognuna delle barche: è un momento bellissimo di grande struggimento, è un onore che viene reso a noi in quanto certamente quello che abbiamo compiuto in piccolo e nella modestia di un'impresa sportiva è stata anche una avventura di vita. Però il tempo stringe e alla Darsena ci aspetta la televisione e molti altri amici e così il Barchett riparte dopo aver imbarcato una dozzina di alpini in un contrasto stridente fra l'acqua e le penne di montagna del loro berretto storico.

Anche l'ultimo tratto viene percorso con grande vigore, tutti hanno dimenticato di essere stanchi, rimane l'emozione di volersi esibire fino all'ultimo metro ingaggiando fra le barche una competizione amichevole.

Filiamo come dei treni, dietro di noi la prima barca vichinga lanciata all'inseguimento solleva l'acqua davanti alla prua come se avesse il motore ma noi resistiamo e con un ultimo sprint riusciamo addirittura a spaccare di potenza un remo quando siamo a 100 m dalla Darsena!

Siamo tutti contenti, emozionati, straniti dall'arrivare nella nostra città così conciati da sembrare quasi dei marziani. Ma senza soffermarsi le barche vanno avanti nella Darsena rapidamente e in modo abbastanza ordinato. Questa volta riusciamo a tirare fuori le barche dall’acqua con una notevole efficienza e rapidità, forse dettata anche dal fatto che siamo stanchi e vorremmo finalmente riposarci, e collocarle sui carrelli con i quali partiranno lasciandoci definitivamente.

La banda degli Alpini intanto si incammina per portarsi dove ci aspetta il tram alla stazione di Porta Genova e ogni tanto si ferma a suonare davanti ai cittadini che li ascoltano deliziati fino al punto che il traffico ogni tanto si interrompe e si blocca completamente. Alla fine arriviamo dove il tram, messo gentilmente a disposizione dalla ATM, ci aspetta con un gentile e giovanissimo conduttore che sta attendendo paziente anche se abbiamo ormai mezz'ora di ritardo. Raccogliamo tutti gli amici che si stanno disperdendo intorno e il tram, sul quale gli Alpini stanno suonando imperterriti di fianco alla stazione ferroviaria, finalmente parte per attraversare tutto il centro di Milano con un percorso speciale che ci porta ad attraversare Porta Ticinese, le colonne di San Lorenzo, via Torino, il Duomo di Milano, largo Cairoli, piazzale Cadorna e infine ci porta all'Arco della Pace.

Intanto la banda suona e mentre passiamo davanti al Duomo non è mancata “o mia bella madonnina”. In fondo al piazzale vediamo il gazebo con delle belle bottiglie fresche di spumante e così, rinfrancati da questa vista, i nostri Alpini si schierano ordinatamente in ordine di marcia ed avanzano a passo lento suonando inni marziali. È un momento che, anche se buffo e curioso, è anche un po' serio quando Troubetzkoy e io ci mettiamo in spalla il tronco di colonna e andiamo a passo cadenzato, con la banda che suona, fino a depositarlo ai piedi dell'Arco della Pace.

Tanti amici che non hanno vogato sono venuti a trovarci, forse un po' increduli di tutto quel pandemonio che siamo riusciti a montare insieme. Dai bar della movida di corso Sempione sbucano un po' di curiosi, alcune vecchiette avendo adocchiato le tartine sotto il gazebo si avvicinano anch’esse e fanno festa insieme a noi. Faccio quasi un po' fatica a interrompere la banda che suona per concedere anche agli alpini un meritato rinfresco sotto il padiglione che hanno montato i ragazzi della società di catering il Maestro di Casa, miei grandi amici ormai da tanti anni perché lavorano con noi molto frequentemente a Pallanza in villa.

Alcuni discorsi vengono ripresi per la televisione VCO Azzurra TV dalla carinissima giornalista Marianna Morandi e dall'operatore Travaini, interviste nelle quali inizia l’ingegner Frattini, che racconta del suo libro sul viaggio delle colonne dell'Arco della Pace da Crevoladossola fino a Milano, libro che è stato l'inizio di quest'avventura, quando me lo regalò il mio grande amico di Macugnaga Lolo Alfieri.

Poi parlano il presidente del Parco della Valgrande, che si è avventurato vogando con noi per quasi tutto il percorso, la proprietaria delle cave Tosco Marmi che ci ha preparato i blocchi di marmo, la signora D’Aloisio, accompagnata dal suo direttore di cava signor Barbieri, l'architetto Jilla Giani che ha scritto un libro sull'Arco della Pace e che ha fondato diversi anni fa l'associazione degli Amici dell'Arco della Pace, e infine un rappresentante dell'assessore Orsatti del Comune di Milano, che non ha potuto presenziare personalmente e che ci fa comunque partecipi della sua condivisione ed entusiasmo per la nostra avventura e del fatto che nei prossimi giorni ci incontreremo per consegnargli il marmo.

Adesso siamo veramente stanchi e alla spicciolata cominciamo ad avviarci facendoci accompagnare dai nostri amici perché le nostre macchine sono disperse qualcuna lungo il percorso della vogata, qualcuna addirittura al Lago Maggiore e pian piano tutti ci organizziamo per recuperare quello che abbiamo lasciato in giro in questi incredibili giorni.

Gli Alpini suonano ancora una serie di musiche bellissime e poi concludono con il nostro inno nazionale che merita sempre rispetto e silenzio da tutti; poi a passo cadenzato, si allontanano per tornare a casa, al Lago Maggiore, da dove sono partiti. Con la musica che si affievolisce piano piano finisce la VIACOLMARMO!2008.

Nessuno di noi la dimenticherà.